La Natività del Signore | Mistica adozione dell’uomo per grazia – L’adorazione dei Magi
Vangelo secondo Matteo 2, 1-12
«Cristo nasce, glorificatelo! Cristo discende dal cielo, andategli incontro! Cristo è sulla terra: innalzatevi! Canta al Signore, o terra tutta! (San Gregorio il Teologo)
Oggi viene al mondo il Cristo Salvatore, quello atteso da generazioni che hanno intrecciato il dolore di questo mondo con la speranza della redenzione, dalla prima lacrima versata da Adamo che perse il Paradiso (oggi riproposta) all’ultima lacrima di ciascuno di noi, la lacrima che viene asciugata dal volto di tutti da Colui che si rivela come il Bambino, avvolto nei sudari (donati dall’uomo) che verranno lasciati nel sepolcro vuoto, come testimonianza innegabile della Risurrezione (donata da Dio).
Egli viene, asciugando le lacrime e portando la luce, ad aprire i nostri occhi e le nostre menti, come fece con gli Apostoli sulla strada di Emmaus (Lc 24,45). Con la sua venuta nella fredda caverna dei nostri cuori, i problemi di questo mondo diventano pace, la stancante povertà si trasforma in ricchezza spirituale, la malvagità in bontà divina, le tenebre in noi (e nel mondo) in luce portatrice di grazia, la sofferenza infinita in conforto, la debolezza della debolezza in forza della virtù, l’ignoranza umana in saggezza che apre gli occhi dell’anima, la malattia portatrice di morte in vita e la morte …, quella morte che ci attende sulla strada di Emmaus. …, quella morte che ci attende alla fine del cammino, nella misteriosa Risurrezione.
Da oggi non siamo più orfani – Dio non è più lontano, da qualche parte nascosto e scoperto, avvolto nel silenzio, quel silenzio assordante, come lo chiamava Olivier Clément – Lui, l’Unico annunciato dai profeti, è con noi oggi, tra le braccia di una vergine pura, nella povertà di una grotta, alla luce del raggio che scintilla di grazia, nella mangiatoia coperta dalla paglia che lo ricopre, gli animali che lo scaldano, i pastori che lo annunciano bene, gli angeli che lo glorificano. … È Natale, è la nascita del Re!
Il Creatore non si mostra oggi come Colui che chiede sempre sacrifici (e non lo era, e lo è ancora, in tutte le religioni che questo mondo ha conosciuto fino al cristianesimo?) per esaudire desideri insoddisfatti, ma Colui che manda il suo Figlio, nato e (troppo) amato – un sacrificio per il mondo intero, affinché il mondo acquisti la vita e non muoia.
„Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.” (Mt. 2, 11)
Con profonda riflessione, il grande Gregorio di Roma interpreta il Vangelo di oggi – il Vangelo della festa illuminata della Natività del Signore, quando le Scritture sono poste davanti a noi, mostrando la misteriosa nascita di Cristo e l’adorazione dei Magi che gli portano doni: “Allo stesso modo portiamo doni d’oro al Re che è nato, se risplendiamo davanti a Lui della luce della sapienza dall’alto. E gli diamo incenso, se accendiamo sull’altare del nostro cuore, con la nostra volontà celeste, i pensieri della mente carnale con la santa preghiera, per portare un dolce profumo davanti a Dio. E gli portiamo mirra, se uccidiamo le passioni del nostro corpo con il sacrificio di noi stessi”.
Comprendiamo che, in questa meravigliosa ora pasquale, anche noi siamo chiamati a offrire l’oro della sapienza (Sal 21,20), l’incenso della preghiera (Sal 140,2) e la mirra del sacrificio di sé (Cantico 5,5) al Bambino Gesù, che oggi abbraccia la mangiatoia della nostra umanità.
Oggi, i Magi e con loro noi stessi, intraprendiamo un viaggio spirituale, nella notte dell’ignoranza e dell’oscurità dei sensi, seguendo quel segno celeste che ci rivelerà il Re Bambino. Un’intera umanità giace addormentata nella notte dell’ignoranza, senza percepire il destino spirituale dell’universo, che oggi cambierà, realizzando la promessa di Dio fin dall’inizio.
Il ritorno dei Magi per un’altra strada verso la loro terra (Mt 2,12) è anche un ritorno di tutta l’umanità alla Verità, seguendo una direzione diversa da quella del peccato e dell’ignoranza. Un ritorno al pentimento ci viene rivelato, perché queste saranno le prime parole pronunciate al mondo da Colui che oggi vediamo avvolto nella mangiatoia.
I volti luminosi dei presenti alla nascita del Signore ci danno anche coraggio nel nostro cammino alla scoperta del mistero nascosto dell’eternità: la Madre di Dio, immagine della giustizia e della purezza, di chi ha portato nel cuore del popolo d’Israele la promessa che oggi si compie; Giuseppe il giusto, immagine dell’anziano saggio che custodisce il mistero divino; i saggi che cercano la Verità, che ci mostrano la rivelazione della Chiesa che nascerà tra le nazioni, e i pastori vigili, immagine di coloro che hanno atteso con preghiera la pienezza dei tempi – l’apparizione dello Sposo che viene a mezzanotte per preparare l’umanità alle sue nozze eterne.
L’icona che traduce il mistero
È la Madre di Dio che si mostra a noi al centro dell’icona (e quanto è calda questa icona), contenuta nel cuore di una crisalide – che è simbolo della verginità, ma anche del passaggio a una nuova vita, la resurrezione – dalla crisalide nasce la farfalla attraverso la stupefacente bellezza (che salverà il mondo, diceva Dostoevskij) che attraverso la morte scopre la vita.
Gesù bambino, avvolto nei sudari, quelle fasce che ci portano al sepolcro della risurrezione, perché anche la mangiatoia sembra essere una bara – la nascita è una prefigurazione della morte, la morte come passaggio, la morte per schiacciare la morte, la morte per portare la salvezza.
La grotta ha l’immagine di un calice, di un misterioso grembo da cui nasce la Vita – lì troveremo Colui che si dona a noi come cibo, perché nella mangiatoia delle bestie che cercavano cibo si rivela un altro Cibo, per l’uomo caduto tra le bestie.
Accanto a Cristo vediamo il bue, dalla profezia di Isaia, – che conosce il suo padrone e l’asino la mangiatoia del suo signore, ma Israele non mi conosce, il mio popolo non mi comprende” (Isaia 1,3). Il bue e l’asino si rivelano essere i Gentili, ma anche il popolo ebraico, che riceve il miracolo della nascita. Il profeta Avacum aggiunge anche che “tra due bestie ti farai conoscere” (Avacum 3,2).
L’uomo, che avrebbe dovuto conoscere meglio Dio, non è stato all’altezza delle aspettative, da qualche parte si proietta (anche) un’ombra di dolore – l’uomo è impotente e pieno di ignoranza. Se avesse saputo chi è Colui che è nato, avrebbe trovato un luogo (più) adatto per Lui – e oggi, più che mai, siamo chiamati ad accoglierlo nel luogo più adatto: il profondo del nostro cuore.
La desolazione della terra è opprimente (anche oggi, come allora), il mondo è privo di ospitalità e riflette piuttosto l’ostilità – l’umanità decaduta non riceve il suo Creatore, non c’è posto per Lui nei cuori raffreddati dal peccato e dal dolore, nelle anime indebolite dal potere e dalla grazia.
Il raggio inviato dalla stella – l’alba dall’alto – ci rivela gli angeli che scendono dal cielo per glorificare la nascita del Figlio del Re tra gli uomini di buona volontà – ed è proprio questa buona volontà che Cristo cerca – e quanto è difficile da trovare.
I doni e i magi che adorano ci convincono, ancora una volta, che la nascita è per il martirio – Dio è l’unico che sacrifica suo Figlio, affinché l’uomo possa acquisire la vita tanto desiderata e agognata. L’oro è per l’imperatore, l’incenso per il sommo sacerdote eterno, secondo l’ordine di Melchisedec, e la mirra, quell’incenso profumato di mirra, per l’unzione del dormiente – ma vittorioso sulla morte.
Anche in questa icona, come in quella della Resurrezione, la tradizione mostra la sua impronta: troviamo il vecchio saggio Giuseppe alle prese con pensieri di ricerca; incontriamo le due levatrici che lavano il Bambino (potrebbero essere le figlie di Giuseppe, rimaste vedove? ); vediamo i pastori che vegliano – la grotta, gli animali, la mangiatoia, la paglia, le persone di buona fede, persino il vapore caldo in una notte così fredda (come la notte di disperazione interiore che spesso ci travolge) – tutto l’universo è qui, perché qui c’è l’inizio e la fine, la grotta della nascita e della risurrezione.
Dio entra nel tempo – per dare al tempo uno scopo santificante
Il tempo, naturale per l’uomo e gli esseri viventi, è oggi trafitto da Colui che è fuori dal tempo. Colui che non può essere delimitato da cose che hanno un inizio o una fine, si lascia delimitare dal tempo, per santificarlo – per dargli un senso, un profumo di eternità. Che ci insegni il senso dell’infinito, che possiamo sperimentare veramente solo nelle mani dell’amore, l’unico amore che ci strappa al tempo – e come vorremmo che non finisse mai.
Il tempo, che ontologicamente è pervaso nella natura della materia e dell’universo, non essendo altro che una dimensione extra dello spazio, che li limita tutti, si ferma oggi, per una nuova opera misteriosa – quel Tempo (in cui) opererà il Signore, perché gli uomini hanno trasgredito la Tua legge (Sal. 118, 126).
Trent’anni nascosti di grazia e di mistero, tre in cui predicherà il vangelo della giustizia, guarendo il popolo impotente, e tre giorni in cui salverà il mondo dalla morte del peccato – tale è stato il tempo impiegato dall’Uno senza tempo. Delle migliaia di anni, tre decine e trenta abbiamo lasciato il Signore in mezzo a noi, tanto a lungo l’increato ha resistito tra i figli degli uomini – e alla fine è rimasto, senza pazienza, il tempo del riempimento delle Scritture.
L’amore crocifisso sulla croce e avvolto nei sudari (altre fasce di un’altra nascita alla vita) nel sepolcro nuovo, dove viene deposto da Giuseppe, il bel volto dell’uomo che salva l’onore dell’umanità – lì finisce il tempo. Dal sepolcro vuoto, icona della resurrezione, chiesa della vita, luce della speranza, inizia un altro tempo, che è quello dell’eternità – da qui, tutto il tempo rinnovato, che doniamo al Signore, diventa fonte di vita.
Da oggi il tempo non ci porta più alla malvagità, non ci porta più alla morte, non ci lascia più cadere nella disperazione della nostra angoscia. Da oggi non dobbiamo più incolpare nessuno, non dobbiamo più soffrire – perché alla fine, dove pensavamo che tutto finisse (e quanto corriamo lontano da questa fine?), è il tempo della salvezza, è il tempo della vita, è il mio tempo (e il vostro, è il nostro) che bacia l’eternità, che non mi separerà mai da (il Bambino) Cristo, con il quale mi sono incontrato oggi.
La nascita di Cristo – l’adempimento di tutte le profezie
Oggi si compiono le profezie che il popolo eletto ha atteso per secoli:
– oggi è il giorno della gioia di Abramo – egli, padre di tutte le nazioni, – si rallegrò del mio giorno, lo vide e si rallegrò (Gv 8, 56);
– oggi è il giorno in cui Isaia esulta, si rallegra, perché ci è nato un Bambino, ci è stato dato un Figlio, il cui dominio è sulle sue spalle (Isaia 9, 5);
– oggi è il giorno in cui la lacrima viene asciugata dal volto di Geremia, perché è venuto il giorno in cui il Signore degli eserciti ha suscitato un ramo giusto per Davide, che diventerà re e governerà con saggezza; eseguirà il giudizio e la giustizia sulla terra (Geremia 23, 5);
– oggi è il giorno in cui si è compiuta la verità annunciata da Ezechiele, quando vide il pastore gentile, perché il Signore dice – tu porrai su di loro un solo pastore, che le pascerà (Ezechiele 34, 23);
– oggi è il giorno in cui Michea, predicando il pentimento, vide la luce sorgere da Betlemme di Giudea, gridando – e tu, Betlemme Efrata, benché piccola tra le migliaia di Giuda, da te uscirai dominatore su Israele, e la sua origine è dal principio, dai giorni dell’eternità (Michea 5, 1);
– oggi è il giorno in cui Malachia, l’ultimo dei profeti, l’angelo che vide l’Angelo divino, quando fu illuminato, disse – Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. ” (Malachia 3, 1).
Ecco, viene!”, ed è venuto: oggi è il giorno dell’apparizione del Signore nel mondo, oggi è il giorno della Salvezza, oggi è il giorno in cui ho visto Dio, che nessuno ha visto!
L’Incarnazione del Verbo – il mistero eternamente nascosto
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. (Gv. 1, 14, 16-17).
La discesa di Dio sulla terra significa ricevere la natura mortale e un corpo soggetto alla sofferenza e al dolore, che sono nostri, di tutti, mentre l’ascensione di Cristo verso l’alto non significa altro che la liberazione dal nostro corpo, devastato dalla corruzione e, soprattutto, dalla morte.
La nascita secondo la carne di Cristo Salvatore ci viene mostrata, ancora una volta, come occasione per pensare alla grazia su grazia, che Egli porta all’uomo, di cui diventa Figlio, assumendo la condizione di schiavo, e soprattutto in il modo in cui noi, ciascuno di noi, diventiamo partecipi di questa grazia, di cui siamo chiamati a nutrirci e a perseverare in essa.
La chiave per una più profonda penetrazione in quest’opera divina e salvifica ci viene data anche dall’antica tradizione della Chiesa, che celebrava, all’inizio, la Natività e l’Epifania – la Divina Manifestazione di Colui che venne nella carne sulla terra, allo stesso tempo – una festa di Luce e – soprattutto, per collegare a questo evento edificante, il nostro stesso battesimo e l’assunzione del dono inestimabile ricevuto in questo giorno.
„chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.” (Atti degli Apostoli 2, 21)
San Massimo il Confessore ci dice che Cristo è nato una sola volta con il corpo, ma nasce sempre spiritualmente in coloro che misticamente si uniscono a Lui. La nascita di Cristo rimane sempre viva in noi, per opera della Chiesa nella quale siamo risorti, questa volta non siamo più soli, non gustiamo più la morte – perché con ogni Liturgia che sperimentiamo, gustiamo sempre più veramente la Colui che ci dona il cibo vivo mediante la Santa Comunione.
Invocando il nome del Signore, sappiamo che saremo salvati, ci dice il profeta Gioele (3,5) – colui che conobbe l’Altissimo, che gli disse: spanderò il mio Spirito su ogni carne (Gioele 3, 1). Oggi è il giorno in cui il profeta venne a sapere che tutti sarebbero stati liberati dalla schiavitù del peccato, poiché ecco, in quei giorni e in quel tempo, quando ricondurrò Giuda e Gerusalemme dalla prigionia, radunerò tutti i popoli… (Gioele 4, 1).
La tradizione vigilante della Chiesa si rivela ancora una volta preghiera, pentimento e vita pacifica nella grazia e nella concordia, che oggi è sigillata nel cuore di quanti accolgono il Cristo bambino, il nato prima dell’eternità, oggi nato dalla Vergine.
San Giovanni Crisostomo ci dice che per noi cristiani il Natale è eterno, è una Pentecoste senza fine, che sempre ristora (con grazia) il cuore puro di chi ama Cristo.
Ci resta solo una cosa da fare, perché oggi ci è nato un Salvatore, rendergli Gloria negli Eccelsi, condividendo la santa pace tra tutti gli uomini di buona volontà.
Cristo nasce, glorificatelo!
† Atanasie di Bogdania