Lettera aperta a Zorica Lațcu, Teodosia
Lettera aperta a Zorica Lațcu, Teodosia
Motto:
„Ti porto in me come un regalo prezioso,
Come un tesoro chiuso con sigilli
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Nel profondo del mio corpo e nel sogno ti porto.”
ZORICA LAȚCU TEODOSIA, Ti porto in me
Nei pressi di un secolo quasi passato resta ancora una casa, una via, una scuola, dove un nome, come se fosse predestinato, fecce l’ingresso nel canto del giorno. Perdonami perché tutto questo avrebbe dovuto chiamarsi: Zorica Lațcu, oppure almeno la scritta: “Di qui è passata LEI, Zorica Lațcu”. C’è stato poi un tempo in cui avrei potuto conoscerti concretamente. Perdonami che non ho saputo coglierlo, per dargli poi un senso. Forse in tutto questo tempo i nostri passi percorsi si siano incrociati… Perdonami se non li ho riconosciuti! Perdonami perché così tardi si sveglia in me una nostalgia, che non è mia, solo tu la sai… È la nostalgia, l’invocazione dei tuoi versi. Versi ricevuti in omaggio e come regalo eucaristico. Da allora inquieta rimase la mia anima quando non riesce a riposare sui gradini del silenzio, profondamente, laddove qualsiasi parola svanisce. Perdonami per tutti i momenti nei quali nel tumulto della vita non riesco più a piangere sulle pagine dell’acatisto! Perdonami che non ho saputo a suo tempo cercare OSANA DELLA LUCE, l’edizione con le belle copertine realizzate dal Tuo Padre caro, oggi così caro anche a tutti noi. Come vorrei avere sempre nelle mani Osana della Luce! Perdonami che non posso farlo come tu vorresti! Perdonami che non posso parlare di te ai miei cari quotidianamente, che sono incapace (per limitazioni di tempo, di natura umana…), perdonami che non posso gridare al mondo, ma soprattutto perché non riesco a convincerlo di cercarti, di leggerti. Dovrei gridare, se non a tutto il mondo, almeno al mio popolo romeno che sei un enigma della poesia cristiana che ha raffigurato il vissuto in una magistrale sofferenza, in un inno alla comunione sussurrando sulle pagine dell’acatisto nell’ostia della preghiera, che ogni tuo verso rappresenta una spiga di grano che viene centuplicato in produzione e si offre nel pane, che si divide nella luce, che si distribuisce al Popolo di Dio. Sei stata e rimarrai per sempre TEODOSIA. Che dolce appello! Ti sei offerta integralmente a Dio e tramite Lui implicitamente a tutti noi. Perdonami perché non ho saputo e non so dare al mondo la notizia che sei stata e rimarrai la più grande ospite dell’amore, sempre un sonetto per i forestieri della sera, un acatisto sul quale perle preziose di esperienze mistiche si stendono. Sento già che mi hai perdonata e tengo a ringraziarti per quel momento cairotico, nel quale mi hai abbracciata, misteriosamente, senza sapere chi fossi, e da allora non riesco più a staccarmi da questo abbraccio. Ho capito subito che sei stata quel qualcosa che mi mancava nel puzzle della mia vita. Adesso c’è luce e c’è pace nella mia anima. Ringrazio a Dio per il fatto che nel momento della Creazione ex nihilo ha messo in quelle seminales rationes anche questo incontro, ex tempore, tra noi.
Ti ringrazio per ogni tua parola dei tuoi versi, che sembra rubato dagli dei dell’Olimpo, portando la dolcezza dell’ambrosia.
Ti ringrazio perché sei un testimone teologo, percorrendo una via completa dalla Filologia alla Teologia. Ti ringrazio per la più bella lezione che possa imparare un filologo: cioè che il filologo deve cercare come un profeta il senso della Luce dalle parole. Ho scoperto così le tue poesie quello che il professor Onisifor Ghibu aveva segnalato già da tempo: L’ISPIRAZIONE DA PROFETA, LO SPIRITO DELL’APOSTOLO e IL DEVOTAMENTO DELL’EVANGELISTA.
E perché la tua poesia è un donno eucaristico, prometto di fare tutto il possibile per portare all’incontro con questo regalo tutti quelli che il destino mi farà incontrare!
Motto:
”Per questo paese di incenso e cielo
Cosa potrei, Signore, chiedere?”
Nel silenzio del Găbud, nella Settimana Santa, all’Ora della Messa o della Vecernia, nei momenti di dialogo plenario con la Poesia e con gli amanti della Parola, con gli amanti del Logos Incarnatosi, sulle colline del Găbud, scrutando l’orizzonte, guardando al di là delle nuvole e intravedendo, appena, Cielo nuovo, osservando senza fretta il mondo vegetale e del minuscolo (papaveri rossi o bianchi, acacie fiorite, fiore di fragola, filo d’erba al vento, farfalle e coccinelle, libellule portando sulle ali la polvere del paradiso), ascoltando la messa del cielo e del vento, dell’erba e dei grilli, ho capito che l’UOMO ha bisogno più che mai di Poesia. L’anima cristiana deve fare la comunione non solo davanti al Santo Altare, ma anche chinarsi all’alba e al humus, dissetarsi alla sorgente, alla sorgente di acqua viva, alla sorgente della Parola, della Parola con tanto potere.Zorica Lațcu-Teodosia ci ha trasmesso tramite le sue poesie una pezza di cielo, un frammento del suo cuore assetato di Luce, di Amore, di Cielo Nuovo. Le sue poesie sono, così come testimonia Padre Teofil Părăian, “ognuna di loro e tutte insieme un Convito Pasquale, un appello alla Gioia”. L’anima cristiana ha anche bisogno di POESIA: di profumo di giglio e basilico, di gioco d’arcangelo che possa modellare nel suo gioco celeste vallate e montagne, aprendo la via ai fiumi e poi come un bambino scappare; abbiamo bisogno di sante ostie per le comunioni, di Canto Natalizio, di Poemi dell’Amore, di Fogli di Acatisto e di Osanna all’Amore.
L’anima cristiana ha ancora bisogno della cula di gelsomino, dell’argento delle notti d’estate, del canto di lode, delle arpe di luce, del diluvio di nostalgia, del nocciolo dell’amore divino, di sonetti dai quali la luce gocciola come il miele, di campane di fiori dalle quali la Risurrezione risuona in vibrazioni di rara fragranza, di silenzi che gocciolano dai cornicioni del cielo, di gocce morbide di pioggia.
L’anima cristiana – anima solitaria, passando mondi deserti, anima che porta sui vestiti la polvere del paradiso, che ha sulle mani polvere di stelle, porta nei capelli e sulle vesti la rugiada dei gigli del paradiso, anima errante, inebriata dal vino della santa gioia, ANIMA PORTATRICE DI POLVERE DELLA SERENA ETERNITÀ… .
Prof. Maria Cecilia Șosu, Brașov
Traduzione Florentina Niță
Teodosia (Zorica) Lațcu è nata nel 1917 in una famiglia di rifugiati transilvani in Ungheria durante la Grande guerra. Dopo la laurea presso la Facoltà di Filologia, sezione lingue classiche (greco e latino), ha lavorato come docente universitario presso l’Istituto Linguistico Romeno di Bucarest, dove, insieme a Sextil Pușcariu, ha partecipato alla redazione del Dizionario della Lingua Romena. Ha pubblicato poesie sulla rivista Gândirea, diretta da Nichifor Crainic, che sono state raccolte in tre volumi stampati tra il 1944 e il 1949: Insula Albă, Osana Luminii e Poemele Iubirii. Nel 1956 fu imprigionata con altre monache del convento. Dopo anni di detenzione a Miercurea Ciuc e in altre prigioni, viene liberata. Seguirono anni di peregrinazioni, durante i quali la monaca Teodosia scrisse poesie e fece importanti traduzioni dei Santi Padri Gregorio di Nissa, Isacco Sir e San Simeone il Nuovo Teologo, aiutando Padre Teodoro Bodogae. Inoltre, la suora Teodosia contribuì in modo significativo alla traduzione dei primi volumi della Filocalia, curata da padre Dumitru Stăniloae”.